Isidoro Lamoretti

Il periodico Imballaggio ha pubblicato alcuni anni fa, a cura di Giorgio Montanari, una intervista a Isidoro Lamoretti, artefice e protagonista dell'ampliamento e consolidamento dell'azienda vitivinicola di Casatico, fondata nel 1930 dallo zio Giuseppe Pizzati, scomparso nel 1971
Già nel 1964 Isidoro Lamoretti avviava la realizzazione di nuovi impianti, non più a giropoggio, continuando negli anni successivi ad ampliare la superficie dei vigneti di proprietà aziendale fino agli attuali 21 ettari, introducendo nuove varietà di vitigni, ristrutturando e potenziando la cantina in armonia con il suo fondamentale concetto di qualità e del più rigoroso rispetto della tradizione e dei criteri definiti nei disciplinari di produzione del Consorzio di tutela dei vini Colli di Parma, di cui è stato promotore e primo presidente.
L'attualità dei contenuti dell'intervista è fuori discussione: «Non ho modificato nel modo più assoluto le mie convinzioni che ebbi a sostenere nell'intervista - dice Isidoro - ed ora che la gestione dell'azienda è passata alla "terza generazione Lamoretti" guidata da mio figlio Giovanni, mi gratifica e non poco il fatto che le stesse convinzioni e relative strategie aziendali siano più che mai condivise ed attuate
L’Azienda Agricola Lamoretti fu fondata nel 1930 da “zio Giuseppe”. Oggi come allora la realtà è a conduzione famigliare e resta radicata sulle colline emiliane, più specificatamente quelle del paese di Langhirano, patria del celebre Prosciutto di Parma D.O.P. A quanto ammonta la produzione media annua, in litri? Circa centomila litri
Come riesce un’azienda come la vostra a muoversi nell’ampio panorama di produttori vitivinicoli di qualità? Cercando costantemente il miglioramento qualitativo dei vini prodotti e proponendoli in degustazione in abbinamento con i cibi del nostro territorio, sia in Italia che all’estero
La Val Parma è rinomata a livello internazionale per la produzione di prodotti alimentari di altissima qualità. Avere sede nel cuore della “food valley” (vicino al celebre castello di Torrechiara) vuol dire contare su una zona collinare dove la pianura padana incontra i torrenti appenninici. Quanto il territorio influenza le caratteristiche delle uve e, conseguentemente, del prodotto finito? Il “Terroir”, che non è solo la qualità del terreno, l’esposizione, la tipologìa dei vitigni, i portainnesti, i sesti d’impianto, ma un complesso di elementi, comprese le persone che operano in un determinato contesto, le loro tradizioni, la loro cultura e la filosofia che sottende la loro opera, hanno un’importanza fondamentale nel determinare le caratteristiche dei vini prodotti.
L’Azienda segue l’intera filiera produttiva, dalla vigna all’imbottigliamento. Un controllo totale che persegue l’obiettivo di qualità a 360°: vinificare esclusivamente uve di proprietà significa, per Lamoretti, ottenere un prodotto che permetta di “degustare il territorio di origine”, nella convinzione che questo doni valore aggiunto alla marca. Descriviamo brevemente i vini che fanno parte della vostra offerta, e le caratteristiche che li rendono diversi da quelli della concorrenza. Non vogliamo parlare dei prodotti altrui, in contrapposizione ai nostri: ciascun produttore cerca di ritagliarsi una nicchia di mercato nella quale operare, cercando di produrre al meglio delle proprie capacità, utilizzando le tecnologie di cui ha conoscenza ed esperienza; certamente, la ricerca continua di nuove esperienze e della qualità assoluta, in ogni fase della lavorazione, porta ad ottenere miglioramenti costanti.
Un pilastro della filosofia aziendale è il rispetto delle risorse naturali. La tecnologia è impiegata ma in maniera non invasiva. Sono seguiti i parametri previsti dalla “lotta integrata” alle crittogame. Le uve sono vendemmiate a mano e pigiate subito dopo la raccolta. Descriviamo in dettaglio le peculiarità dei processi produttivi. Sì, le uve sono vendemmiate a mano per non provocare la rottura degli acini, e di conseguenza attacchi batterici al succo dell’uva, al fine di limitare sempre più l’utilizzo dei solfiti e di avere mosti sani ed integri; quindi le uve vanno pigiate entro il minor lasso di tempo possibile dopo la loro raccolta. Prima della raccolta, però per una qualità totale, occorre scegliere i “versanti” dove eseguire gli impianti, scegliere i sesti d’impianto, i portainnesti che indicano la strada scelta per la gestione del vigneto in funzione delle caratteristiche geologiche, chimiche e fisiche del terreno, delle medie annuali delle precipitazioni piovose, in funzione dei prodotti che si vogliono ottenere. Si debbono scegliere anche i sistemi di allevamento, le varietà dei vitigni ed occorre compiere una loro selezione clonale sempre in funzione dei prodotti ottenibili ( se da consumare giovani oppure da invecchiare, elevandoli nei vari modi possibili). Occorre poi scegliere se utilizzare le uve già nei primi anni dall’impianto ( al secondo anno) oppure aspettare che le viti abbiano raggiunto almeno il quinto anno dall’impianto prima di metterle a produzione piena. La scelta tra diverse opzioni continua nel trattamento del vigneto per la lotta alle crittogame (oidio e peronospora) e per gli insetti che possono provocare la morte delle viti. Il cosiddetto sistema “Biologico” prevede che siano utilizzati per le crittogame solamente lo zolfo per l’oidio ed il rame per la peronospora. Il rame non ha nulla di biologico, è un metallo pesante che per ridursi ed annullarsi nel terreno impiega 160 anni, si accumula e, secondo le normative CE dovrebbe essere utilizzato con quantitativi massimi di due chilogrammi/ettaro ogni anno: mediamente ne vengono utilizzati in realtà tre / quattro kg. per ettaro ogni anno, in Italia con un inquinamento certo e continuo.
Noi preferiamo utilizzare dei prodotti di sintesi, ottenuti da funghi, seguendo i parametri della lotta integrata, molto più costosi, ma con impatto ambientale bassissimo, tempi di carenza individuati, cambiando prodotti diverse volte nel corso dell’anno per non creare dei ceppi resistenti alle loro molecole e sospendendo tutti i trattamenti 40 giorni prima della raccolta. Nelle analisi che sono svolte a tappeto per la salubrità del prodotto vino, non vengono rilevate neppure le tracce degli anticrittogamici che impieghiamo. Non utilizziamo insetticidi nei nostri vigneti. Usiamo, solo una volta l’anno, nel trattamento obbligatorio contro lo scafoide titano, portatore della flavescenza dorata, un prodotto specifico per questo insetto, che non gli fa raggiungere la maturità sessuale, impedendogli la riproduzione, che viene utilizzato in dosi di 400 gr. per ettaro e costa € 70 per ogni confezione da 400 grammi. Nel biologico, per la lotta contro lo scafoideo, è utilizzabile soltanto un prodotto piretroide che uccide tutti gli insetti, indistintamente, comprese le api e gli insetti utili che si cibano dei vari insetti infestanti.
Lamoretti e l’ecologia: oltre alla “lotta integrata”, in cosa si estrinseca il rispetto per l’ambiente e per le risorse naturali del territorio? Visto il valore intrinseco della vostra terra, e dei paesaggi dove vivete, immaginiamo che l’attenzione alla qualità sia una forma mentis non solo sul posto di lavoro, ma anche verso la natura… Non impieghiamo pannelli fotovoltaici : è la forma più costosa per produrre energia; se non ci fossero gli incentivi nessuno la utilizzerebbe, i pannelli hanno una vita breve ( circa 20 anni) producono energia solo in funzione della luce solare, della loro esposizione a sud, e quando sono coperti di neve come nello scorso mese di febbraio e la notte, non producono nulla. In ogni caso, per la loro costruzione è stata utilizzata molta energia, più della metà di quella che produrranno nella loro vita.
La ricerca della qualità è un pò in antitesi con la razionalizzazione degli sprechi, intendendo con questo l’utilizzo di tutto quanto viene prodotto. Mi spiego meglio: se c’è una parte dell’uva che non ha raggiunto la piena maturazione oppure, a causa di eventi climatologici quali vento forte o grandine ha subito danni, non la utilizzo ma la lascio come concime nel vigneto, la stessa cosa per eventuali attacchi di marciume. Nello stesso modo avviene la scelta qualitativa dei vini: le fecce e le parti vicini ad esse, non le filtriamo per ottenere dei chiaretti di feccia da aggiungere ai vini, peggiorandone la qualità: le mandiamo in distilleria, praticamente gratis, ma cerchiamo di ottenere prodotti qualitativamente importanti. Considerate che per queste scelte, occorre buttare un 20/25% del prodotto.
Soffermiamoci ora, con dovizia di particolari, sulle attrezzature utilizzate per l’imbottigliamento. Mettiamo a fuoco le caratteristiche dei macchinari (di proprietà) e degli addetti che le gestiscono. Quando si arriva all’imbottigliamento, la parte difficile del lavoro è già stata compiuta, questa è una fase della lavorazione che non aggiunge qualità ai vini prodotti, tutto è avvenuto in precedenza. Per l’imbottigliamento utilizziamo un impianto isobarico ( per vini frizzanti e per vini fermi) con capacità di 1600 bottiglie/ora che viene utilizzato con l’impiego di due/tre addetti. La linea consiste in una riempitrice, un tappatore raso/fungo, una gabbiettatrice, una capsulatrice ed una etichettatrice a tre corpi, autoadesiva, macchine collegate da un nastro trasporatore. Sono state installate nel 1998 e non sono previsti nuovi acquisti.
Vendete direttamente ai privati, alle enoteche, ai negozi specializzati ed alla ristorazione. Quali sono i canali più impattanti sul totale del fatturato aziendale? Presidiate anche il canale GDO (o contate di farlo entro breve)? All’estero il vostro brand è conosciuto? Vendiamo a Privati ed Ho.re.ca non a GDO, né è previsto di farlo in futuro. Esportiamo in Francia, Germania, Belgio, Canada e Stati Uniti
Alla fine degli anni ’70 Isidoro Lamoretti fu il promotore della costituzione del Consorzio Volontario di Tutela dei vini dei Colli di Parma. Quale è stato il ruolo dell’Azienda dal momento della fondazione ai giorni nostri? Quali sono, oggi, le finalità del Consorzio, e come si sono evolute le direttive di questa organizzazione negli ultimi decenni? Oggi, le finalità del Consorzio sono le stesse che nel 1977 ne definirono la costituzione: promozione della DOP “Colli di Parma” dei vini prodotti in questo ambito, miglioramento della qualità e difesa dalle sofisticazioni.
Perché c’è una così forte campagna contro l’alcool in Italia ? Perché è un settore che se in Italia va male ( i consumi pro-capite che negli anni ’70 erano di litri 100/anno sono diventati ora 39/anno) all’estero il nostro vino è molto richiesto e contribuisce con una quota export molto importante, e quindi, dato che siamo dei masochisti, dobbiamo demolirlo e quindi faremo anche una black list dei cibi grassi, dei salumi, e quindi anche dei vini, che pagheranno tasse sempre più alte per sconsigliarne l’utilizzo.
Se c’è qualche cosa che va bene, statene certi, prima o poi qualcuno che la peggiori salta sempre fuori !